Le lectine fanno male o bene? Ecco l’analisi più obiettiva

 

Le lectine

 

Le lectine fanno male?” è la domanda ricorrente degli ultimi anni tra i salutisti.
La cosa non sorprende gli addetti ai lavori, poiché da divers
o tempo ormai i media scandalistici e diete/dietologi alla moda, continuano a indicare le lectine come causa principale dell’obesità, infiammazione cronica e malattie autoimmuni (chi offre di più?): e questa disinformazione è particolarmente grave, perché come leggerete fra poco, le lectine sono presenti principalmente negli alimenti ritenuti più salutari da sempre, in particolare quelli di origine vegetale!

Visto il crescente interesse verso un’alimentazione ricca di cibi d’origine vegetale (persino negli Stati Uniti circa il 33% della popolazione dichiara di mangiare meno carne[1]); e dato anche che da diversi anni CHE Food Revolution è in prima linea nel promuovere tale cambiamento, sento il dovere morale di far luce su questo tema così paradossale.

Per il bene di tutti risponderò alla domanda analizzando in modo esauriente anche vari temi relativi:

– Cosa sono le lectine;
– Quanti tipi di lectine esistono;
– In quali alimenti si trovano;
– Perché si dice che le lectine fanno male;
– Benefici delle lectine e degli alimenti che le contengono;
– Come inattivare le lectine o ridurre la loro concentrazione negli alimenti;
– Conclusioni

Cosa sono le lectine e principali caratteristiche

Le lectine fanno parte di un gruppo variegato di famiglie di proteine, le quali hanno in comune la capacità di riconoscere e legarsi in modo reversibile e specifico ad alcuni carboidrati: in particolare ai mono e oligosaccaridi.

Sono abbondantemente diffuse in natura e presenti in tutti gli organismi viventi: dai
virus agli esseri umani. Ecco perché le lectine si possono trovare in quasi tutti gli alimenti quali cereali, frutta, verdura, pesci, carne e derivati, pur se in quantità differenti.

Oltre all’ubiquità, un’altra particolarità importante delle lectine è che benché siano delle proteine
(normalmente queste ultime sopra i 60°C iniziano a denaturarsi e generalmente oltre gli 80°C tutte le proteine si denaturano: ma come vedremo avanti, ci vuole ben altro per alterare la struttura delle lectine di origine vegetale), sono delle molecole molto stabili, resistenti al calore.
Allo stesso modo nemmeno l’acidità dello stomaco o gli enzimi digestivi riescono a scalfirle efficacemente; ed ecco perché sono in grado di arrivare inalterate all’intestino, dove
alcune, se non trattate, possono causare problemi alla salute.
Ciò che sembra un dispetto verso l’essere umano (sì, noi umani abbiamo la tendenza a vederci al centro dell’universo), in realtà non è altro che un sublime modo del regno vegetale per difendersi dagli invasori, costituendo l’unica arma di sopravvivenza, sviluppata in millenni di evoluzione.
Le lectine, grazie alla loro onnipresenza e prezioso valore biologico, si possono paragonare agli enzimi.
Ecco il motivo per cui da oltre 130 anni (cioè da quando sono state scoperte), diversi studi e ricerche scientifiche cercano di fare chiarezza sulle loro caratteristiche, con l’intento di ottenere miglioramenti in diversi rami della scienza e tecnologia: agricoltura, medicina, biomedica, biologia, oncologia, immunologia, glicobiologia, ingegneria genetica, … [2,3]
Nel presente articolo, per ovvi motivi di spazio e pertinenza, analizzerò solamente le lectine nell’ambito della nutrizione.

Altra caratteristica davvero fondamentale è che nonostante le si classifichino sotto lo stesso nome, in realtà esistono una miriade di lectine, ognuna con diverse peculiarità. E vedremo perché questo è uno degli aspetti determinanti: c’è lectina e lectina!

 

Quanti tipi di lectine esistono?

La principale classificazione delle famiglie di lectine si basa sulle loro sequenze di aminoacidi, strutture e proprietà[4].
Inoltre esistono dei modelli che suddividono le lectine vegetali in 12 famiglie distinte, a seconda del settore di legame con i carboidrati (dove si collegano).
Ma credetemi, è decisamente irrilevante conoscere i nomi di tutte le famiglie; oltre a farvi appesantire le palpebre, dette classifiche sono in continuo aggiornamento, seguendo lo sviluppo della scienza e tecnologia, il che rende (probabilmente) inutile l’informazione precedentemente assorbita.
Dedichiamo pertanto la nostra attenzione alle lectine più famose, tra più di 500 scoperte finora:

Una delle più note dell’intera categoria è senz’altro l’emaglutinina o fitoemaglutinina (PHA = phytohemagglutinin)[5].
Fanno parte della nostra catena alimentare in modo considerevole: mi riferisco alla numerosa famiglia dei
legumi, usati da millenni da tutte le popolazioni.
Benché alcune lectine appartenenti a questa categoria, quando in forma attiva, possano causare l’agglutinazione degli eritrociti (cioè i globuli rossi)[6], non tutti i legumi sono pericolosi allo stesso modo.
Il più famoso e sicuramente più temibile è il
fagiolo rosso (red kidney beans), il quale vanta tre volte tanto la quantità di PHA presente nei fagioli bianchi[7,8].
Abbiamo poi l’agglutinina del fagiolo di soia (SBA), l’agglutinina delle arachidi (PNA), l’agglutinina delle lenticchie (LcA), l’agglutinina dei piselli (PsA).

Oltre i legumi, anche altri vegetali molto comuni fanno parte del gruppo: l’agglutinina dell’aglio (ASA), l’agglutinina delle banane (Mus a 2) e in particolare forse l’unico “vero rivale” delle lectine dei legumi (PHA), ovvero le lectine di grano (WGA).
Le lectine di grano sono nominate più tecnicamente agglutinina del germe di grano (WGA): il germe di grano custodisce in sè la sopravvivenza della specie, ed è la zona più protetta dell’intero chicco; di conseguenza contiene elevate quantità di lectine.
Sebbene l’agglutinina del germe di grano (WGA), quando attiva (spiegherò dopo tali casistiche), sia tossica sulle cellule di mammifero in coltura (in laboratorio) e sugli animali, la sua tossicità rimane comunque almeno 1000 volte inferiore a quella della ricina (Ricinus communis L.), senza alcun dubbio la lectina più infida e macabra, storicamente parlando[9] – mi riferisco all’uso dell’olio di ricino.

Precisazione importante: le prove di tossicità vengono effettuate bombardando le cellule umane isolate in vitro, con lectine in forma attiva e in quantità esagerate; stessa cosa, purtroppo, avviene con la sperimentazione sugli animali.
Capite bene che tali test non hanno molto senso, in quanto non applicabili alla normale consuetudine, una su tutte l’
assunzione in forma attiva delle lectine: tra non molto capirete bene.
Oltre a tanti altri aspetti di cui ci sarebbe da parlare per ore.

Quali alimenti contengono le lectine?

Benché come menzionato prima, le lectine sono delle proteine presenti in tutti gli alimenti (frutta, verdure, cereali, legumi, tuberi, prodotti animali, pesce), quelle che destano maggiore preoccupazione riguardo l’alimentazione, sono prettamente di origine vegetale.
In buona sostanza si ritiene che un buon 30% degli alimenti costituenti la nostra dieta, contengano dosi elevate di lectine: legumi, cereali e semi oleosi su tutti. Nello specifico le lectine rappresentano lo 0,1-5% delle proteine totali dei legumi secchi: cioè una percentuale considerevole.

alcuni cibi contenenti lectine


Perché si dice che le lectine fanno male?

Dopo aver visto cosa sono, quanti tipi e dove si trovano, ora vediamo se le lectine facciano male davvero e perché.
Sembra che ingerire 5-6 fagioli rossi (red kidney) crudi o non cotti appropriatamente, possa generare gravi intossicazioni o addirittura in alcuni casi essere letale.
A parte la specificità di questo “singolare” legume, normalmente il consumo degli alimenti contenenti elevate quantità di lectine, se in forma attiva, ovvero
senza alcun pre trattamento e in grande quantità, può causare semplici malesseri, quali gonfiore, diarrea, indigestione, allergie ecc.; l’entità di tali sintomi può aggravarsi in particolare nelle persone con disturbi cronici del tratto gastrointestinale: malattia di Crohn, sindrome dell’intestino permeabile, ecc.
D’accordo, ma perché?
Ho già accennato al fatto che le lectine sono delle proteine molto, molto stabili e resistenti. In altre parole il lavoro dei nostri enzimi digestivi è inefficace per gran parte delle lectine ingerite in forma attiva; così come risulta invana l’azione del basso pH degli acidi dello stomaco. Per detti motivi le lectine (un po’ come le chitine) riescono a passare indisturbate per tutto il tratto digestivo, mantenendo la loro forma attiva.

 

PER SAPERNE DI PIÙ SULLE CHITINE E SUGLI EFFETTI CHE HANNO SUL CORPO UMANO LEGGI QUI


Normalmente quando il cibo (quasi) digerito transita nell’intestino, la parete della mucosa intestinale
permette il passaggio dei nutrienti tramite specifiche aperture di piccole dimensioni; in questo modo avviene l’assimilazione di ciò che serve al corpo.
Mentre i nutrienti passano da dette aperture, la parete intestinale continua a fare da barriera alle sostanze indesiderate e/o ai microrganismi: virus, batteri patogeni e via dicendo. Se la parete intestinale è già compromessa a causa delle malattie precedentemente menzionate, le
lectine attive presenti nel cibo, possono peggiorarne la condizione.
Per spiegare meglio il come, sarò costretta a entrare un po’ più nel tecnico.
La superficie dei villi intestinali è coperta da una sorta di guscio zuccherino (glicocalice); essendo le lectine selettive verso gli zuccheri, vengono attratte da questo guscio, ancorandosi sull’epitelio, insieme ad altre glicoproteine e glicolipidi; qui, scatenando
eventualmente una serie di complessi meccanismi, possono alterare la struttura dei villi, appiattendoli (o se preferite, atrofizzandoli), possono causare un ingrossamento delle aperture (quelle predisposte per i nutrienti) sulla superficie epiteliale dell’intestino, e possono influenzare negativamente la secrezione gastrica necessaria all’assorbimento dei nutrienti.
Oltre a ciò, il calo dell’assorbimento avviene anche per la riduzione della superficie intestinale, causata dai villi atrofizzati.
Ecco perché
si dice che le lectine siano in grado di influenzare negativamente l’assorbimento dei sali minerali essenziali, tipo il calcio, ferro, fosforo, zinco, e proteine [7,11,12], con conseguenti carenze e perdita di peso.
Altro problema imputabile alle lectine, è la ridotta capacità difensiva del corpo: venendo meno il ruolo protettivo della barriera, la porta
potrebbe spalancarsi a favore di sostanze e microrganismi indesiderati; e presumibili conseguenti infiammazioni e vari problemi di diverse entità al sistema immunitario[13].

Partendo da tali teorie, alcuni guru delle diete alla moda tra cui anche medici di fama, sostengono che “tutte le lectine siano dannose e per tutte le persone” ; ne consegue che, sempre secondo loro, “tutti gli alimenti contenenti lectine andrebbero eliminati dalla dieta o ridurne drasticamente il consumo”.
Secondo codesti sedicenti esperti, ormai milionari, “ingerire le lectine, a lungo andare, causerebbe all’individuo la sindrome dell’intestino permeabile, obesità, infiammazione cronica, artrite reumatoide, malattie cardiovascolari e autoimmuni”; persino a chi non ha nessuna malattia cronica del sistema gastrointestinale.
E così sono nate le abominevoli diete zero lectine o lectin-free (senza lectina): piani alimentari che rimuovono dall’alimentazione la maggior parte di alimenti contenenti lectine; contemporaneamente però ad un massiccio utilizzo di costosi enzimi e integratori (nell’intento di digerire le lectine rimaste e/o contrastare gli eventuali danni causati)!

Probabilmente fin qui vi sarete un po’ spaventati; in fondo tutto questo è destabilizzante, e se ci pensate bene è giusto sia così… o meglio è funzionale per incassare tanti soldi da diete, consulenze, libri o miracolosi pacchetti di enzimi e integratori.
Se non fosse che
il circo si basa su una menzogna!
E la nostra fortuna è che abbiamo scelto di alimentarci con consapevolezza, evitandoci di cadere nelle tante trappole:
“al momento non c’è nessuna evidenza scientifica che provi la correlazione tra lectine e le suddette malattie”; nonostante sia vero che sempre più persone soffrono di malattie una volta identificate come rare, il motivo di ciò va ricercato in altri errori dell’era moderna; d’altronde la stragrande maggioranza della popolazione mondiale, continua a consumare alimenti ricchi di lectine senza alcun problema.
In ogni caso procediamo seguendo il rigore scientifico e analizziamo l’argomento più dettagliatamente con l’attuale conoscenza a nostra disposizione.

Perché in realtà le lectine non fanno male (a tutti)

In linea di principio le lectine non fanno male alle persone sane.
Lo affermo senza esitazione, in quanto ad oggi (11.12.2022) dopo circa
130 anni di storia di Lectinologia, non esiste nessuna evidenza scientifica su persone vive (in vivo), che possa confermare senza ombra di dubbio, la correlazione tra alcune malattie e l’ingestione di lectine; né tantomeno una guarigione accertata dopo l’eliminazione dalla dieta degli alimenti contenenti lectine[14,15,16,17].

Voglio esser ancor più chiara: malgrado numerose affermazioni allarmanti sul suo conto, nessuna prova scientifica ci dice che eliminando le lectine alimentari, si possano curare al 100% disturbi o condizioni mediche, comprese le malattie autoimmuni.

Al contrario c’è un’ovvia riflessione, questa sì certa scientificamente: per causare determinati danni, le lectine ingerite dovrebbero essere biologicamente attive; ovvero capaci di preservare la capacità di legarsi ai carboidrati, cioè agli zuccheri; praticamente parlando, gli alimenti contenenti le lectine, come i legumi o il grano, non vi possono far male (se non si è predisposti) per il semplice fatto che non abbiamo l’abitudine di mangiarli crudi!

Certo, nessuno può mettere la mano sul fuco e magari nel prossimo futuro potremmo avere altri risultati scientifici sulla loro pericolosità; però nel mentre si “aspetta Godot”, possiamo basarci sulle evidenze del passato: i centenari esaminati dal famoso studio “Blue Zone” (Zona Blu) residenti in alcune specifiche zone del mondo (Ogliastra in Sardegna, Okinawa in Giappone, Nicoya in Costa Rica, Icaria in Grecia e Loma Linda in California), conducevano tutti, senza alcuna eccezione, una dieta a base di alimenti ricchissimi di lectine e pochissime proteine animali; per l’appunto vivendo felici e contenti, sani e a lungo.
Ma c’è da dire che ben prima di questo studio eravamo a conoscenza dei benefici della vera dieta mediterranea, grazie ad Ancel Keys: il primo ad associare un sistema cardiovascolare in salute con la dieta a base di cereali, legumi, vegetali e pochi prodotti animali[18].

I benefici delle lectine e degli alimenti che le contengono

Malgrado la recente crociata contro la causa di tutti i mali, che abbiamo oramai compreso essere frutto di opportunismo economico, in realtà le lectine hanno diverse proprietà antiossidanti[19], antitumorali[20,21] e antimicrobiche[22,23].
Per questo motivo le lectine derivanti da piante e animali sono comunemente utilizzate per
contrastare direttamente gli agenti patogeni e per la regolazione immunitaria[24,25].
A dispetto delle accuse quale causa dell’obesità, le lectine dimostrano caratteristiche
associabili alla modulazione della glicemia nel sangue[26].

In aggiunta mi sembra d’obbligo ricordare che mentre la pericolosità delle lectine non è stata ancora dimostrata sui modelli umani (ho spiegato all’inizio l’enorme importanza di tale dettaglio e gli esperimenti fuorvianti), la letteratura scientifica è ricca di sperimentazioni cliniche in grado di confermare la relazione tra diete ricche di legumi e cereali integrali, e la ridotta quantità di biomarcatori infiammatori.

Ancora, una meta-analisi del 2013 ci informa che un’elevata assunzione di cereali integrali, ma non di cereali raffinati, è associata alla riduzione del rischio di diabete di tipo 2: risultati in linea con le raccomandazioni delle varie istituzioni sanitarie; ovvero sostituire i cereali raffinati con quelli integrali, consumandone almeno due porzioni al giorno, così da ridurre il rischio di diabete di tipo 2 e altri disturbi metabolici[27].

Quindi, altro che eliminarle dalla dieta! Bisogna introdurre alimenti ricchi di lectine senza paura, considerando che i procedimenti di trasformazione riducono la loro concentrazione in modo significativo.

Come inattivare le lectine nel cibo

Abbiamo detto che le lectine non fanno male, a patto di inattivarle.
La sorprendente intuizione della conoscenza popolare, oggi è stata provata anche dalla scienza: i procedimenti domestici messi a punto per trattare alcuni alimenti ricchi di lectine, sono effettivamente in grado di inattivarle; permettendoci di godere il sapore e il loro bagaglio di nutrienti senza rischiare alcun disagio!
Tra questi processi abbiamo:
– ammollo;
– lavaggio ripetuto;
– cottura;
– fermentazione;
– germogliazione;
– altro

Lavaggio ripetuto e ammollo

Mettendo in ammollo e/o effettuando lavaggi ripetuti, riusciamo a ridurre già una buona dose di lectine, essendo gran parte delle lectine idrosolubili[28].
Per la giusta efficienza l’ammollo deve essere prolungato (minimo 12 ore, cambiando l’acqua almeno due volte).
Mi raccomando, non bisogna utilizzare l’acqua di ammollo per la cottura; se desiderate ottimizzare il consumo di acqua, usatela per annaffiare le piante.

Cottura

Il trattamento termico, oltre a rendere gli alimenti più gustosi, aumenta l’assorbibilità dei nutrienti e elimina considerevolmente la parte rimanente delle lectine.
Da tenere a mente che la maggior parte dei danni da intossicazione da lectine, sono avvenuti principalmente per aver consumato alimenti crudi ricchi di lectine, oppure non cotti appropriatamente[29]; ecco perché la cottura necessita alcune regole ferree.
Il metodo migliore per la riduzione della concentrazione di lectine è adottare una cottura umida e ad alta temperatura: bollire, stufare, meglio se in pentola a pressione, poiché quest’ultima ci consente di superare i 110 gradi[30].

 

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Tuttavia il
famigerato PHA dei fagioli rossi dimostra una notevole resistenza al calore.
I fan dei slow cooker devono mostrare particolare attenzione, in quanto la cottura lenta senza ebollizione, non riesce a interferire sulla stabilità delle lectine PHA: una ricerca dimostra addirittura che la cottura lenta a 65 gradi, durata 12 ore, è risultata del tutto inefficace nel denaturarle[31].

La FDA – Food and Drug Administration (Agenzia Statunitense per gli alimenti e i medicinali) consiglia in merito di applicare un ammollo di almeno 5 ore, seguito da una cottura di 30 minuti (alla temperatura di ebollizione); mentre per l’OMS l’ammollo deve durare almeno 12 ore, invece 10 min di cottura a temperatura di ebollizione possono essere sufficienti[32].

Per questo
vi sconsiglio di adottare la mia amata tecnica della cottura passiva (con la coperta), soprattutto per i fagioli rossi. Esattamente come spiego nell’articolo sulle pentole a pressione, il modo più efficace di ridurre la concentrazione delle lectine è quello di cuocere i legumi con la PAP, naturalmente dopo aver effettuato un lungo periodo di ammollo e ripetuti lavaggi.
Il consiglio sull’utilizzo della pentola a pressione diventa particolarmente raccomandato a chi vive in zone di elevata altitudine (per saperne di più leggi qui), per via dell’abbassamento della temperatura di ebollizione.

Lievitazione/Fermentazione

Come appena spiegato, le alte temperature applicate in ambiente umido contribuiscono a ridurre sensibilmente la concentrazione delle lectine.
Ma alcuni alimenti, prendiamo ad esempio il pane, non si possono bollire!
Quindi bisogna smettere di mangiarlo?
Tranquilli, se avete seguito i miei consigli sul pane di lievito madre a lunga lievitazione, non c’è nulla da temere: con tale metodo la concentrazione delle lectine si riduce sensibilmente[33].
Generalmente tutti i tipi di fermentazione/lievitazione aiutano nell’intento, dato che le lectine sono suscettibili al procedimento; ed è grazie a ciò che diversi alimenti fermentati a base di legumi e soia riescono a essere fuori rischio; addirittura uno studio afferma che la loro concentrazione in prodotti di soia e legumi, dopo i processi di fermentazione, diminuisce del 95%[34].

 

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Germogliazione (bioprocesso)

Come ho spiegato nella guida sui germogli fatti in casa, questo processo naturale e biologico è utile nel ridurre la quantità di lectine[26].


Altro

Oltre ai processi domestici, esistono anche diversi metodi industriali, oltremodo utili nel ridurre e/o eliminare le lectine dai cibi.
La cottura in autoclave a circa 121 gradi; trattamenti dielettrici come il microonde ad alta potenza; o la radio frequenza, a temperature inferiori per gli alimenti delicati; oppure l’estrusione, utilizzata principalmente per produrre proteine vegetali dalla soia o dai piselli; o anche per produrre i cereali da colazione.
Tutte metodologie efficienti nel ridurre la concentrazione delle lectine[35].

Conclusioni

Sono consapevole del fatto che quanto conosciamo oggi sulla biologia umana può, domani, essere totalmente inutile. La scienza fa passi da gigante e in maniera esponenziale, offrendoci ogni giorno nuovi spunti e orizzonti da scoprire; talvolta ribaltando radicalmente i credo su cui abbiamo basato le nostre vite per anni, decenni.
Per questo dobbiamo rimanere aggiornati e affidarci alla corretta informazione, senza prestare il fianco a mode o, peggio, santoni di turno.
Sulle lectine spero di aver fatto un po’ di chiarezza; e ferme le eventuali scoperte future della scienza, ad oggi la stessa ci conferma la salubrità degli alimenti interessati.
Ma d’altronde, in fondo, bastava un po’ di buonsenso, osservando quanto fatto nei secoli attraverso i processi di trasformazione domestici, per farci sentire tranquilli.
Personalmente non ho alcun dubbio e continuerò a basare la mia sostenibile e equilibrata alimentazione, sugli alimenti da sempre ritenuti più sani; e mi auguro di cuore che dopo aver letto questa analisi obiettiva, lo facciate anche voi.
Buona rivoluzione a tutte e a tutti


Bibliografia
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