Il latte di soia fatto in casa: come e perché dovete autoprodurlo
Come prima cosa rettifico il titolo: legalmente non dovrei chiamarlo “Latte di soia fatto in casa”, ma “Bevanda di Soia fatta in casa”.
Fatta la dovuta precisazione va detto che il motivo per cui acquistiamo il latte di soia, non è perché lo confondiamo con il latte vaccino. Le ragioni sono tante, la mia per esempio è quella di voler essere più etica nelle scelte alimentari.
La bevanda di soia è il derivato più utilizzato tra tutti i prodotti della soia, e viene apprezzata non solo da vegani ma anche da chi è intollerante al lattosio: quest’ultimi pur essendo onnivori, non possono assumere prodotti animali contenenti il lattosio.
È un’ottima alternativa al latte vaccino anche per le proprietà nutritive, poiché ricco di proteine e calcio.
Inoltre specialmente se fatto in casa e aromatizzato sapientemente, si rivela molto gustoso: a differenza di quello commerciale, da molti definito “latte di cartone” ( non a torto aggiungo io).
Produrlo in casa è una sciocchezza, richiede solo 2 ingredienti: uno di questi è l’aqua!
Dunque se fossi in voi non ci penserei su due volte e visto anche il grande risparmio finale che andremo a ottenere, crepi l’avarizia e di corsa a comprare i semi di soia bio, cioè non OGM.
Ingredienti (per circa 1,5 lt di latte di soia)
200 grammi di soia gialla
1.9 lt di acqua
Per aromatizzare:
Una stecca di cannella, oppure 1 cristallo di mastice, oppure 2 cucchiai di cacao o farina di carrube, oppure un baccello di vaniglia (opzionale)
Un pizzico di sale (opzionale)
Dolcificante naturale (opzionale)
Procedimento
- Mettete in ammollo i semi di soia per almeno 24 ore a temperatura ambiente (circa 25C°: in caso faccia più caldo potete ridurre il tempo di ammollo di qualche ora). Rinnovate l’acqua ogni 4-6 ore per poter eliminare una parte degli antinutrienti, almeno quelli idrosolubili.
- Alla fine della durata di ammollo, lavate i semi per un’ultima volta e rimuovete la pelle più che potete.
Poi con un frullatore trasformate i semi in una purea omogenea aggiungendo poco a poco 500 ml di acqua.
- Successivamente fatela passare da una mussola, o da una borsa per latte di mandorle o da un colino e un canovaccio pulito, per separare il latte di soia dalla sua posa, detta anche okara. Non la buttate, potreste usarla per arricchire le vostre polpette, torte ecc.
- Portate ad ebollizione il latte di soia insieme all’acqua restante. Abbassate il fuoco e fatelo sobbollire per 15-20 minuti, intorno a 90-100 C°. La soia non si può consumare cruda per via dei suoi antinutrienti, in particolare l’inibitore di tripsina. Per ciò va trattata termicamente. Inoltre questa fase serve sia per far volatilizzare gli odori non molto gradevoli della soia che per denaturare le sue proteine: e se vorrete usarlo per preparare il tofu, tale processo agevola la ‘precipitazione’ che avviene durante la coagulazione.
Nel mentre, non dimenticatevi di monitorare la pentola e il suo contenuto: togliere la schiuma che si formerà sulla superficie del liquido è di cruciale importanza – un attimo di distrazione e vedremo fuoriuscire e quindi sprecare ciò per cui stiamo dedicando tempo e energia.
Il latte di soia è pronto; potete continuare a farlo sobbollire ancora per un po’ (a basso fuoco) al fine di ottenere la densità desiderata. Alcuni consigliano di mettere un pizzico di sale, io preferisco di no. Aggiungete alcuni aromi come la cannella, il mastice di Chios (o mastica che dir si voglia), l’estratto di vaniglia, cacao o carrube ma anche lo zucchero o altri dolcificanti naturali, in caso vogliate berlo come bevanda; oppure lasciatelo semplice così come appena prodotto se destinato alle ricette salate.
Personalmente impazzisco per la versione realizzata con mastice e addolcito con un cucchiaino di miele. Una bontà unica!
Consumo
…Ma non perché è buono, sano e auto prodotto possiamo consumarne a litri, anzi, ci sono delle questioni da tenere bene a mente.
Il consumo di soia va monitorato in quanto contiene degli antinutrienti di cui è meglio non eccedere: tra i più importanti il già menzionato inibitore della tripsina e gli isoflavoni, come la genisteina e la daidzeina(1), facenti parte dei fitoestrogeni: sono composti simili agli estrogeni di origine vegetale, i quali hanno sì effetti benefici e azioni antiossidanti, ma solo se la loro posologia giornaliera non supera gli 80 mg (secondo il Ministero della Salute) la FDA negli Stati Uniti, in un rapporto del 1999 suggeriva di non superare i 75 mg(2); mentre L’EFSA – L’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare – ad oggi non si è pronunciata con un dosaggio preciso); abusarne può nuocere alla salute(3,4,5), come d’altronde tutti gli altri potenti nutraceutici.
Andando sul pratico, in una bella tazza di latte di soia da circa 250 ml abbiamo 25 mg di isoflavoni (6); perciò se bevete due tazze di latte di soia fatto in casa durante il giorno, state attenti a consumare altri alimenti a base di soia, come ad esempio il tofu o i granuli di soia. Se non superate 2-3 porzioni al giorno, non correte alcun tipo di rischio, naturalmente in assenza di disturbi ormonali e/o particolari.
Conservazione
Per ultimo vorrei ricordarvi che il latte di soia fatto in casa, può ‘reggere’ in frigorifero per 3-5 gg in un contenitore con coperchio. E non c’è nessuna controindicazione nel congelarlo quando dovete impiegarlo per cucinare (non bevetelo). Nel caso dovesse avanzarvi e non sapete come consumarlo, divertitevi a produrre il tofu seguendo questa ricetta, come sempre precisa e collaudata.
Buona giornata e buona rivoluzione a tutti
Bibliografia:
(1) Reinli K, Block G. Phytoestrogen content of foods: a compendium of literature values. Nutr Cancer. 1996;26:123–48
(2) Jefferson WN. Adult ovarian function can be affected by high levels of soy. J Nutr. 2010;140(12):2322S-2325S. doi:10.3945/jn.110.123802
(3) Chandrareddy A, Muneyyirci-Delale O, McFarlane SI, Murad OM. Adverse effects of phytoestrogens on reproductive health: a report of three cases. Complement Ther Clin Pract. 2008;14:132–5
(4) Kurzer MS. Hormonal effects of soy in premenopausal women and men. J Nutr. 2002;132:S570–3
(5) Whitten PL, Lewis C, Russell E, Naftolin F. Potential adverse effects of phytoestrogens. J Nutr. 1995;125:S771–6
(6) Bhagwat, Seema, David B. Haytowitz, and Joanne M. Holden. “USDA database for the isoflavone content of selected foods, release 2.0.” Maryland: US Department of Agriculture 15 (2008).
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