Pane di carruba con lievito madre: un super alimento da forno
Alcuni di voi sapranno che passo gran parte dell’anno in Portogallo; questo piccolo paese, incredibilmente pieno di sorprese, è anche il maggior produttore di carrube al mondo (più di 40 mila tonnellate, inseguito dall’Italia con le sue 29 mila tonnellate)(1).
Considerando il mio matrimonio con l’Italia e le origine turche, posso affermare che per tutta la vita sono stata circondata dagli alberi carrubi: adatti alle zone aride, sempreverdi e molto fotogenici, in realtà i loro frutti fanno parte del folto gruppo dei super alimenti nostrani sottovalutati.
Benché la carruba possieda importanti valori nutrizionali, il suo uso maggiore è ancora legato al mondo zootecnico, come mangime per gli animali. Pur se contenta per questi ultimi, non posso darmi pace finché la carruba e i suoi sotto prodotti, non vengano rivalutati e sfruttati nelle cucine salutari e sostenibili.
La farina di carrube somiglia alla polvere di cacao, per colore e consistenza; ed è ottenuta esattamente alla stessa maniera, ovvero macinando i baccelli (o la polpa) maturi e secchi.
Il profumo e sapore ricordano – lontanamente – il frutto degli dei; è meno grasso del cacao, contenendone appena l’1%; ma è molto più dolce, essendo ricca di carboidrati e zuccheri. Le fibre alimentari costituiscono una buona parte dei carboidrati totali, caratteristica che aiuta a ridurre il colesterolo cattivo e la peristalsi.
La farina di carrube è ricca di calcio, quindi particolarmente indicata per chi non fa uso di latte e derivati; è una buona fonte anche di rame, potassio, manganese, magnesio, selenio e zinco; non contiene ossalati (a differenza del cacao), sostanze in grado di formare calcoli renali e interferire con l’assorbimento dei sali minerali: diviene pertanto una valida alternativa per le numerose persone che devono evitare il cacao.
La carruba è ricca anche di composti polifenolici come l’acido gallico e i flavonoidi; a ogni buon conto vi sono presenti pur se in valori inferiori, altri 22 polifenoli (2), rinomati antiossidanti utili nel combattere i radicali liberi.
Vi consiglio questa ricetta del pane di carruba con il lievito madre per 4 motivi principali:
– con il cambio climatico sempre più tangibile nella nostra quotidianità, sarebbe opportuno conoscere ed apprezzare le piante che si adattano ai terreni aridi, quindi sostenibili;
– ha minor quantità di glutine (ma benché la farina di carrube non contenga glutine, la ricetta da me proposta non è adatta per i celiaci);
– il pane di carruba è veramente delizioso, grazie al suo gusto marcato che ricorda appunto il cacao… senza però contenere nessuna delle sue ‘problematiche’ (pessime condizioni di lavoro degli agricoltori nelle piantagioni non facenti parte della filiera Fair Trade; ricco di caffeina e di ossalati; potrebbe causare emicrania in tante persone sensibili);
– è un ottimo accompagnatore dei pasti; anche se dà il suo meglio con la colazione e e merende, evitando alternative più caloriche e meno salubri quali i cornetti, brioches o merendine in generale.
Tempo: prep. 30 minuti
lievitazione 6-48 ore
cott. 22 minuti
Difficoltà: media
Dosi: 6 panini
Costo: basso
Ingredienti
300 g di farina integrale di farro o di frumento (possibilmente macinata a pietra, e bio)
135 g di farina di frumento del tipo 1 (possibilmente macinata a pietra, e bio)
75 g di farina di carrube
Lievito madre liquido circa 50 g* (per sapere come lo potete autoprodurre, leggi qui)
350 ml di acqua
1/2 cucchiaino di sale
circa 20 grammi di farina di tipo 0 o 00 per utilizzare durante i vari processi di panificazione
10 min a 230 gradi
12 min a 200 gradi
*Il lievito madre liquido (licolì) deve essere precedentemente attivato: 1 cucchiaio colmo di licolì (circa 15 g) deve essere nutrito la sera prima con 20 grammi d’acqua tiepida e 20 grammi di farina, e lasciato a temperatura ambiente (da 20 gradi circa a salire) per 8-12 ore. Per capire se si è attivato sufficientemente, praticate un segno sul barattolo nel quale lo nutrite; se è raddoppiato in 8-12 ore vuol dire che è pronto. E se volete fare una lievitazione più lunga di 24 ore riducete la quantità del lievito di un terzo, utilizzando anziché 50, soltanto 30 grammi.
Procedimento
Questo è un metodo più pratico che ci sia, ma ovviamente se avete del tempo e voglia di sperimentare, potete usare gli stessi ingredienti del pane di carrube con lievito madre, per la ricetta molto professionale del pane di farro spelta (Triticum spelta) senza impasto con lievito madre.
Fase numero 1
Come vi avvisavo nella creazione del lievito madre, la temperatura ambiente ha un’importanza cruciale; nei mesi invernali con i riscaldamenti accesi collocate il vostro impasto vicino ad essi (mi raccomando vicino, non sopra: in caso superaste 28°C fareste più danni che altro); in primavera e autunno senza riscaldamenti collocate l’impasto e/o lievito dentro il vostro forno con la lampada accesa, oppure con una ciotola piena di acqua bollente: questo metodo servirà a mantenere una tiepida temperatura stabile per tante ore (anche 5) senza richiedere l’aggiunta di nuova acqua bollente.
Il tipo di impasto sarà ad idratazione media, di conseguenza non molto appiccicoso; tuttavia per comodità non lo impasto con le classiche tecniche, ma con le pieghe: più avanti capirete quanto sia facile questo metodo
Fase numero 2
Nell’altra ricetta (pane di farro) consigliavo di utilizzare l’autolisi; per il pane di carruba integrale invece non la applico, al fine di agevolare i procedimenti: si perde qualcosa nella fermentazione, quindi minor altezza del pane di qualche millimetro, ma la crosta avrà già un colore molto scuro, una mollica poco pesante con vari alveoli, nonostante la ridotta quantità di glutine.
Ogni volta che lasciate riposare il vostro impasto chiudete la ciotola con un piatto; oppure utilizzate una busta di plastica o la pellicola: si manterrà alta l’umidità. Ponete inoltre l’impasto sempre in un posto caldo (max 28 gradi).
Fase numero 3
Questa è una ricetta che non prevede di impastare, tuttavia anche il pane di carruba integrale con lievito madre riceverà le nostre attenzioni: piegare l’impasto su se stesso.
Procedete utilizzando le mani ma anche un cucchiaio, oppure uno specifico attrezzo da panettiere, spostando l’impasto dai lati, dal basso verso l’alto; ripetete l’operazione per tutta la circonferenza dell’impasto; fate diversi giri completi, almeno 2-3.
L’operazione, cruciale, va ripetuta almeno per 3 volte ogni 15 minuti; dopo ogni piegatura date all’impasto la forma di una palla, richiudete la ciotola con il piatto e riponetela in ambiente caldo.
Dunque dopo circa 1 ora passata a tirare e piegare, dovreste notare sia la crescita dell’impasto che una maggiore uniformità, più elasticità e resistenza: ottime premesse e… promesse.
Fase numero 4
A questo punto avete due opzioni: lasciarlo a temperatura ambiente in estate, o, in caso di freddo, al calduccio nel forno spento per altre 5-6 ore, di modo da ottenere una fermentazione relativamente breve, per poi infornarlo; oppure inserirlo nel frigo (sempre coperto con un piatto o una busta) e procedere a una lunga fermentazione di 8-48 ore.
Dovete solo ricordarvi di tirare fuori l’impasto dal frigo almeno 2 ore prima di infornare (in inverno meglio 4-5) e portarlo di nuovo a temperatura ambiente: personalmente trovo che il pane di carruba sia più convincente con una fermentazione breve; attendo vostre opinioni nel caso optaste per la fermentazione prolungata.
Fase numero 5
Dopo aver completato la prima fermentazione, occorre dare una pre forma al nostro pane, o meglio dire ai panini.
Suddividete l’impasto in 8 palline, dopo aver eseguito un ultimo giro di piegature; poi cospargetele, sotto e sopra, con un po’ di farina e adagiatele su una superficie infarinata coprendole sempre con un canovaccio: troppa farina può generare problemi, perciò non siate generosi.
Accendete il forno al massimo della sua potenza, inserendo la teglia scelta per la cottura.
Fase numero 6
Lasciate fermentare un’ultima volta per 45 minuti.
E ora il momento della verità!
Fase numero 7
La massima temperatura serve a non disperdere rapidamente il calore non appena si apre lo sportello per inserire i panini. Vorrei che utilizzaste anche voi questo tempo (45 minuti) di massima potenza del forno, approfittandone per cuocere qualcos’altro: non sprecare il calore generato, ovvero l’energia, è fondamentale; ad esempio una teglia enorme di verdure di stagione con la salsa tahina come le patate, carote, barbabietole, zucche, o pomodori, melanzane, zucchine (vedi qui la ricetta frequentemente collaudata).
Per produrre del buon pane ‘da fornaio’, l’unica variante che può fare la vera differenza sono le caratteristiche del forno. L’alta, ma più che altro stabile temperatura, unita alla grande abilità di trattenimento del vapore, creano la perfetta unione essenziale per una crosta croccante: né troppo dura né troppo morbida.
Il web è pieno di ricette che prevedono l’uso del famoso forno olandese, o la pietra refrattaria, i cui risultati di tutto rispetto, simulano molto bene le caratteristiche di un forno professionale. Ma se non disponete di nessuno dei due? Io ad esempio rientro in quest’ultima categoria e di certo non mi scoraggio: spesso anzi realizzo delle pagnotte di bellezza unica, e meravigliosi panini di carrube.
Per la pagnotta, chi possiede la pietra refrattaria può usarla abbinandola ad un coperchio rimediato da una pirofila in terracotta o da una pentola resistente; oppure utilizzare direttamente una normale pentola d’acciaio (con coperchio) adatta a tali temperature, basta non abbia i manici di plastica o il coperchio di vetro.
Una volta trascorsi 45 minuti di riscaldamento, tirate fuori la teglia, o il mezzo di cottura che possedete, senza scottarvi; adagiatevi sopra o la palla o i panini, capovolgendoli delicatamente, nel caso aiutandovi con la spatola.
Consiglio extra
I più imbranati possono utilizzare della carta forno per trasferire la palla dentro il mezzo di cottura rovente: per far ciò vi consiglio prima di bagnare e strizzare la carta da cucina così da eliminare eventuali pieghe, inevitabili se fosse asciutta. Poi tenendo dai lembi, spostate e adagiate l’impasto dentro il mezzo di cottura
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Appena prima di rimettere in forno l’impasto, create un’incisione di circa 0.5 cm di profondità con una lametta o un taglierino da panettiere, oppure un coltello tagliente; io uso con successo le lame del mio tritatutto, tenendole inclinate di 45°.
Questo consentirà all’aria che si formerà nel pane di uscire omogeneamente; nel mentre permetterà alla temperatura di penetrare nelle “viscere” del pane: il rischio altrimenti è quello di farlo spaccare, oppure gonfiare da un lato e sgonfiare dall’altro. Fatelo quindi, ma in caso lo dimenticaste (esperienza personale) non sarà la fine del mondo.
Per la preparazione del pane di carruba in forma di panini, non effettuo nessuna incisione, e ritengo si presentino sempre molto bene.
Per cuocere la pagnotta intera, potreste coprire con il coperchio (o il suo sostituto) prima di chiudere lo sportello del forno(i panini invece non ne hanno bisogno), ma raddoppiando i tempi di cottura.
In più per non lasciare i panini senza vapore, inserisco nel binario più basso la classica griglia con sopra una pirofila da forno e dell’acqua al suo interno: ciò per garantire il vapore necessario durante la prima fase di cottura, della durata di 10 minuti alla temperatura di 230°C.
Nei successivi 12 minuti ridurremo la temperatura a 200°C; la farina di carrube è più zuccherina perciò tende a bruciare più facilmente grazie ad una reazione Maillard più potente: controllate sempre, specialmente le prime volte.
Fase numero 8
E se avrete fatto tutto bene otterrete dei panini ben lievitati, con una crosta che vi inviterà a darle subito un morso!
Tuttavia trattenetevi: tagliare il pane prima del completo raffreddamento ve lo restituirebbe umido dentro, il che significa mandare in rovina ogni vostro sforzo dedicato.
Per fortuna a differenza di una pagnotta grande, i panini richiedono minor tempo per raffreddarsi, e dopo circa un’ora saranno pronti da portare a tavola.
Buon appetito e buona rivoluzione
Bibliografia
1) https://www.globaltrademag.com/portugal-and-italy-remain-the-largest-carob-markets-worldwide/
2) R.W. Owen, R. Haubner, W.E. Hull, G. Erben, B. Spiegelhalder, H. Bartsch, B. Haber,
Isolation and structure elucidation of the major individual polyphenols in carob fibre,
Food and Chemical Toxicology, Volume 41, Issue 12, 2003, Pages 1727-1738, ISSN 0278-6915
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